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Cartella esattoriale da 280 mila euro: un’azienda della provincia di Isernia assistita dallo studio legale Leva ne ottiene la sospensione. ”La tutela sostanziale del contribuente quale criterio su cui fondare il principio del contraddittorio nel processo tributario”.

Approfondimento dell’ordinanza N. 69/2021 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Isernia – Sezione N° 2 – il 23/04/2021 a cura del Dr. Antonello Petrarca

1. Il fatto: le contestazioni e la notifica dell’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Isernia

In data 24 novembre 2020 e 26 novembre 2020 l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Isernia notificava alla società X ed al suo amministratore unico nonché rappresentante legale un avviso di accertamento, in seguito alle operazioni di verifica espletate dalla Guardia di Finanza – Tenenza di Venafro concernenti la regolare tenuta delle scritture contabili ed il corretto versamento dei tributi erariali in relazione al periodo di imposta 2015.

In particolare, veniva contestato alla società X l’omessa dichiarazione di ricavi documentati da fatture attive annotate (in violazione dell’art. 1 D.P.R. n. 600/73 ed all’art. 3 del D.P.R. n. 322/98) nonché la presunzione di ricavi di esercizio a seguito di prelevamenti non giustificati dai conti correnti bancari e non transitati nelle scritture contabili (art. 53 del T.U.I.R. e 32 del D.P.R. N. 600/73).

Infine, a carico della società oggetto di controllo veniva irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria pari ad € 143.762,40.

2. Il ravvisamento del c.d. periculum in mora e la conseguente sospensione dell’atto impugnato

La società X avverso l’avviso di accertamento in questione ricorreva innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Isernia al fine di farlo dichiarare nullo, invalido, illegittimo e, in ogni caso, non produttivo di effetti nei confronti della stessa.

In particolare, la società ricorrente lamentava la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 T.UI.R. e dell’art. 32 del D.P.R. N. 600/73 in relazione ai prelevamenti non giustificati dai conti correnti bancari della medesima.

Ad avviso di quest’ultima era stato palesemente violato il principio del contraddittorio in quanto, all’epoca dell’accertamento, non aveva ancora ottenuto, e dunque non era in grado di esibire agli agenti accertatori della Guardia di Finanza, gli estratti conto dalla Banca e, di conseguenza, era impossibilitata nell’indicare tutti i prelevamenti effettuati ed i relativi beneficiari.

Del resto, gli agenti accertatori si erano limitati ad verificare i meri prelevamenti bancari della società ricorrente, trascurando i costi che la società X doveva affrontare.

Per tali motivi, la società ricorrente produceva in allegato al ricorso gli estratti conto bancari, dai quali si poteva concretamente evincere come tutti i prelevamenti effettuati erano da considerarsi costi sostenuti dall’azienda (quali retribuzioni del personale dipendente e spese aziendali) e come tali giustificati e non, invece, dei ricavi così come erroneamente sostenuto dall’Agenzia delle Entrate. Costi che, tra l’altro, erano superiori ai ricavi.

Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Isernia depositando controdeduzioni scritte con le quali eccepiva l’omessa giustificazione da parte del contribuente dei prelevamenti contestati e, con riferimento alla documentazione giustificativa relativa ai costi dell’impresa, insisteva sulla preclusione probatoria in cui era incorsa la società X in quanto, a giudizio della parte resistente, la produzione in sede contenziosa di tali documenti doveva considerarsi tardiva.

Ma l’Amministrazione resistente trascurava un peculiare principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte regolatrice con riferimento ai criteri di applicabilità dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973.

Difatti, la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza del 22 giugno 2018, n. 16548 ha sancito che la preclusione probatoria relativa ad un documento non esibito in sede di controllo opera soltanto in presenza di specifica ed espressa richiesta, da parte dell’Ufficio, del documento del quale si lamenta l’inutilizzabilità in sede processuale.

Circostanza, questa, che non si è verificata nel caso di specie in ragione della mancata richiesta da parte della Guardia di Finanza al contribuente delle copie delle buste paga dei dipendenti e, più in generale, dei costi sostenuti dalla società ricorrente.

Pertanto, alla luce di tale orientamento giurisprudenziale ed anche per ragioni di tutela del contraddittorio del contribuente, la società X aveva il pieno diritto di esibire in sede processuale tutta la documentazione non espressamente richiesta dall’Amministrazione finanziaria in sede amministrativa di controllo.

Inoltre, la società ricorrente, nel ricorso introduttivo del giudizio, in via preliminare, avanzava altresì istanza motivata di sospensione dell’atto impugnato ai sensi dell’art. 47, comma I, del D.Lgs. 546/1992, ricorrendo entrambi i presupposi del fumus boni iuris – essendo evidente la fondatezza del ricorso per le ragioni suesposte – e del periculum in mora in quanto la mancata concessione della provvisoria sospensione dell’atto impugnato e la conseguente esecuzione forzata tributaria avrebbe cagionato un grave ed irreparabile danno alla società.

All’udienza del 23 aprile 2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Isernia, Sezione seconda, con ordinanza N. 69/2021 depositata in pari data, ha accolto l’istanza della società ricorrente, ritenendo allo stato sussistenti le condizioni per la concessione della provvisoria sospensione dell’avviso di accertamento, in particolare per quanto attiene al requisito del periculum in mora.

Dr. Antonello Petrarca